Intendendo col presente contributo offrire un utile focus solamente sul commercio elettronico “indiretto”, si reputa opportuno iniziare la trattazione dalla distinzione tra commercio elettronico “diretto” e “indiretto”.

Il commercio elettronico (“e-commerce”) si distingue infatti in:

  • commercio elettronico “diretto”, quando tutte le fasi della transazione (ordine, pagamento e consegna) avvengono e si perfezionano online. Riguarda le vendite di beni immateriali digitali o servizi elettronici  scaricati dall’acquirente sul proprio personal computer o altro device tramite la procedura di c.d. “download”. Nel dettaglio si tratta di corsi on-line, software, immagini, testi, musica, film, ecc..

Ai fini fiscali tali operazioni sono considerate prestazioni di servizi (Cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 274/E/2008) e non cession di beni.

  • commercio elettronico “indiretto”, quando l’ordine ed eventualmente il pagamento avvengono e si perfezionano per via telematica (online), mentre la consegna della merce avviene attraverso i canali tradizionali (mediante vettore o spedizioniere) tramite la spedizione al domicilio dell’acquirente.

Ai fini fiscali tali operazioni sono considerate cessioni di beni e, ai fini Iva, se rivolte a consumatori privati, sono trattate (Cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 274 del 5 novembre 2009) come “vendite a distanza” (ovvero per corrispondenza)

Considerate le modalità con cui di solito avviene lo scambio, ossia in assenza di trattativa e di contatti diretti tra l’impresa venditrice e l’acquirente, il commercio elettronico indiretto è uno strumento pensato per essere utilizzato prevalentemente dai consumatori privati (B2C – Business to Consumer), sebbene non vi sia alcun divieto normativo che ne precluda l’utilizzo da parte di operatori che agiscano nell’ambito della propria attività d’impresa o professionale (B2B – Business to business) per gli acquisti ad essa relativi.

 

 

Trattamento Iva dell’e-commerce indiretto

Norme “transitorie” in vigore fino al 31 dicembre 2020

Con riferimento al regime iva, nel commercio elettronico indiretto, come nelle vendite per corrispondenza, il requisito territoriale dipende dalla tipologia di operazione realizzata:

  • se viene effettuata nel territorio italiano, sia nel caso di cessioni “B2B” che “B2C”, si applicano le regole ordinarie e la vendita sarà rilevante ai fini IVA in Italia;
  • se si tratta di operazioni extracomunitarie, si applica la tassazione nel Paese di destinazione della merce;
  • in ambito intracomunitario è necessario distinguere tra operazioni:

– “B2B”, in cui la cessione sarà rilevante, in linea generale, nel paese di destinazione del bene e l’imposta sarà assolta tramite il meccanismo del reverse charge;
– “B2C”con cessioni di beni effettuate da soggetti stabiliti in Italia nei confronti di privati stabiliti in altro Stato membro soggette (ex art. 7-bis del D.P.R. 633/1972) ad imposta nello Stato del cessionario (principio di destinazione), salvo che l’ammontare delle vendite a distanza effettuate dal cedente nello Stato membro di destinazione (nell’anno di riferimento e, distintamente, nell’anno precedente) sia inferiore a una specifica soglia  stabilita da detto Stato (fatta salva, in ogni caso, l’opzione da parte del cedente per l’applicazione dell’imposta nel Paese di destinazione).

Nelle operazioni di e-commerce indiretto, il momento impositivo avviene all’atto della spedizione o della consegna della merce.

La tabella seguente illustra le casistiche più comuni:

 

Paese del venditore (soggetto passivo Iva) Paese di destinazione Status del cliente Tipo di operazione ai fini Iva Riferimenti normativi
Italia Italia Soggetto Iva Operazione imponibile Iva Articoli 2 e 7 bis
Dpr 633/1972
Italia Privato consumatore Vendita “per corrispondenza” Articoli 2, 7 bis e 22
Dpr 633/1972
Altro Paese Ue Soggetto Iva Cessione intracomunitaria di beni Articolo 41 comma 1, lettera a) Dl 331/1993
Altro Paese Ue Privato consumatore Vendita a distanza Articolo 41 comma 1, lettera b) Dl 331/1993
Paese extra-Ue Soggetto Iva Cessione all’esportazione non imponibile Articolo 8 Dpr 633/1972
Paese extra-Ue Privato consumatore
Altro Paese Ue Italia Soggetto Iva Acquisto intracomunitario di beni Articolo 38 Dl 331/1993
Italia Privato consumatore Vendita “a distanza” Articolo 40 comma 3
e comma 4 Dl 331/1993
Paese extra-UE Italia Soggetto Iva Importazione imponibile Iva in Italia (Iva assolta in dogana) Articolo 67
Dpr 633/1972
Italia Privato consumatore

 

Più in dettaglio:

 

Vendite in Italia a privati consumatori

Le operazioni di commercio elettronico indiretto verso privati sono assimilabili alle “vendite per corrispondenza” e, pertanto, non sono soggette all’obbligo di emissione della fattura, salvo che non venga espressamente richiesta dal cliente non oltre il “momento di effettuazione dell’operazione”(Articolo 22, comma 1, n. 1 del Dpr 633 del 1972) e non sono soggette all’obbligo di certificazione mediante emissione di scontrino o ricevuta fiscale (Articolo 2 lettera Idel Dpr 696 del 21 dicembre 1996).

Quanto al “momento di effettuazione dell’operazione”, vale il disposto dell’art. 6 del Dpr 633/1972, secondo cui le cessioni di beni mobili si considerano effettuate, di regola, nel “momento della consegna o spedizione”.

In caso di pagamento anticipato, in tutto o in parte, del corrispettivo o in caso di emissione anticipata della fattura, l’operazione di considera effettuata, limitatamente all’importo pagato o fatturato, alla data di pagamento o dell’emissione della fattura.

In altre parole, la cessione si considera avvenuta quando si verifica il primo, in ordine temporale, di uno dei seguenti momenti: spedizione del bene, pagamento del corrispettivo, emissione della fattura.

In pratica, considerato che i beni acquistati online vengono generalmente spediti solo previo incasso del prezzo e non è usale l’emissione della fattura in anticipo, questa potrebbe essere richiesta dal cliente al più tardi prima di perfezionare il pagamento (dunque già in fase di compilazione dell’ordine, se questo è immediatamente seguito dal pagamento mediante carta di credito, Paypal o altri mezzi di pagamento “istantanei”).

Restano fermi, invece, gli obblighi di annotazione dei corrispettivi delle vendite nel registro dei corrispettivi (Articolo 24 del Dpr 633 del 1972) entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione.

I corrispettivi giornalieri da considerare, nel calcolo del totale giornaliero annotato nell’apposito registro, sono gli importi dei prezzi di vendita comprensivi dell’Iva. Come di norma avviene per il commercio al dettaglio tradizionale, nella liquidazione periodica occorrerà scorporare l’Iva dai corrispettivi attraverso il c.d. “metodo matematico”, stabilito dall’art. 27, comma 4, del Dpr 633/1972, per quantificare l’importo dell’Iva da versare all’Erario o da riportare al mese successivo.

Le vendite avvenute nel contesto del commercio elettronico indiretto sono esonerate dall’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri, divenuta invece obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2020 in relazione alle cessioni di beni e prestazioni di servizi da parte di “commercianti al minuto” e soggetti equiparati, in forza dell’art. 2, comma 1, del Dlgs 5 agosto 2015 n. 127.

Le imprese che effettuano contemporaneamente sia vendite al dettaglio “tradizionali” presso negozi – assoggettate all’obbligo di memorizzazione ed invio telematico dei corrispettivi giornalieri – sia vendite online, beneficiano dell’esonero, previsto dall’art. 1, comma 1, lettera a) del Dm 10 maggio 2019, limitatamente alle vendite avvenute online, poiché solo queste transazioni commerciali sono annoverabili tra le operazioni “non soggette all’obbligo di certificazione dei corrispettivi, ai sensi dell’art. 2 del Dpr 696/1996” (cfr. Agenzia delle Entrate con risposta di interpello 198/E/2019).

Le fatture eventualmente rilasciate, su richiesta del cliente, devono essere emesse in formato elettronico e trasmesse al Sistema di Interscambio (Sdi) secondo le regole ordinarie, nonché registrate nel registro delle fatture emesse di cui all’art. 23 del Dpr 633/1972. All’acquirente può essere consegnata una “copia di cortesia” della fattura, che tuttavia non ha valenza ai fini fiscali.

Gestione dei resi

Il diritto di recesso compete al Cliente Consumatore ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 52 e ss. del Codice del Consumo, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo.

L’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 274/E del 5 novembre 2009, in sintesi ha affermato che ai fini Iva, la vendita on line di beni materiali con spedizione della merce tramite vettore o spedizioniere (c.d. commercio elettronico indiretto) è assimilabile alla vendita per corrispondenza con conseguente esonero dall’obbligo di certificazione fiscale, fermo restando l’obbligo di registrazione dei corrispettivi ai sensi dell’art. 24 d.P.R. n. 633 del 1972.

La procedura di restituzione della merce prevista per le operazioni certificate con scontrino fiscale puo’ applicarsi anche nell’ipotesi di emissione di documento non fiscale a condizione che dalla documentazione in possesso sia dato individuare gli elementi necessari a correlare la restituzione al medesimo bene risultante dal documento probante l’acquisto originario.

Gli elementi sono:

  • le generalità del soggetto acquirente;
  • l’ammontare del prezzo rimborsato;
  • il “codice” dell’articolo oggetto di restituzione;
  • il “codice di reso” (quest’ultimo deve essere riportato su ogni documento emesso per certificare il rimborso).

Il venditore è tenuto a conservare sia il documento comprovante l’acquisto originario sia quello relativo alla restituzione del medesimo.

È inoltre necessario che le risultanze delle scritture ausiliare di magazzino siano correttamente tenute e dalle stesse sia possibile verificare la movimentazione fisica del bene reinserito nel circuito di vendita

 

Vendite a privati consumatori Ue

Il regime Iva delle “vendite a distanza” con semplificazioni per i soggetti “sotto soglia”

Sono considerate non imponibili in Italia le “vendite in base a cataloghi, per corrispondenza e simili”, comprese le vendite a domicilio e quelle effettuate nel contesto del commercio elettronico indiretto, di “beni trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa” (Cfr. Dl 331/1993 art. 41, comma 1, che dà attuazione alle corrispondenti disposizioni sovranazionali di cui agli articoli 33, 34 e 35 della Direttiva 2006/112/Ce.).

Di conseguenza, le vendite riconducibili all’e-commerce effettuate da un’impresa italiana rientrano nel regime Iva delle “vendite a distanza”, di cui all’art. 41, comma 1, lettera b) del Dpr 331/1993, alla duplice condizione che:

  • il cliente sia un privato consumatore o altro operatore non ammesso alla detrazione dell’imposta (B2C) fiscalmente residente in un Paese Ue diverso da quello dell’impresa cedente;
  • il trasporto/spedizione della merce venduta verso uno Stato UE diverso dall’Italia sia curato direttamente da cedente o da terzi per suo conto nei confronti del privato.

Sussistendo tali requisiti, le vendite perfezionate online, in quanto qualificabili come vendite a distanza, sono ammesse al regime di non imponibilità Iva in Italia e devono essere tassate nel Paese membro di
destinazione.

L’impresa cedente, per assolvere l’imposta dello Stato membro di destinazione sarà tenuta ad identificarsi ai fini Iva nel Paese dell’acquirente mediante la cd. “identificazione diretta” (richiedendo una “partita Iva” estera assegnata dall’autorità fiscale dello Stato dell’acquirente) ovvero attraverso la nomina di un proprio rappresentante fiscale (ossia un soggetto incaricato di espletare gli obblighi formali e sostanziali Iva dovuti in ossequio alle norme locali per conto dell’impresa cedente stessa).

Le “vendite a distanza”, a destinazione di altri Paesi UE, devono essere incluse nel modello Intra-1-bis, agli effetti fiscali e statistici, relativo al periodo nel corso del quale le operazioni risultano registrate o soggette a registrazione (Cm 13-VII-15-464/94, par. B.2.1), poiché sono considerate dall’Amministrazione finanziaria italiana alla stregua di cessioni intracomunitarie. Per lo stesso motivo, tali operazioni, detassate ai fini Iva in Italia, rilevano anche ai fini dell’acquisizione dello status di esportatore abituale e della formazione del plafond per gli acquisti senza applicazione dell’imposta di cui all’art. 8, comma 1, lettera c) del Dpr 633/1972 (Cfr. Circolare Agenzia delle Dogane del 27 febbraio 2003, n. 8, par. 2).

Si rileva, per inciso, che il detto Art. 41, comma 1, lettera b) del Dl 331/1993 non è conforme alle corrispondenti norme UE laddove riconduce le operazioni di vendita a distanza alla categoria delle cessioni intracomunitarie di beni non imponibili, anziché considerarle cessioni territorialmente non rilevanti ai fini Iva in Italia perché interne al Paese Ue di destinazione.

Con riguardo all’indicazione delle vendite a distanza nei modelli Intrastat, peraltro, va precisato che, per effetto delle semplificazioni intervenute a partire dal 2018, solo la parte fiscale del modello Intra-1-bis deve essere compilata da tutti i soggetti, indipendentemente dalla loro periodicità mensile o trimestrale di presentazione; alla compilazione della parte statistica restano obbligati esclusivamente i soggetti con periodicità di presentazione mensile che realizzano un ammontare complessivo trimestrale di cessioni intracomunitarie di beni superiore a 100.000 euro per almeno uno dei quattro trimestri precedenti.

Infine, va segnalato che la disciplina delle “vendite a distanza” non si applica alle cessioni aventi ad oggetto prodotti soggetti ad accisa (prodotti energetici, alcole e bevande alcoliche e tabacchi lavorati) e nemmeno alle compravendite di mezzi di trasporto “nuovi” ed ai beni da installare, montare assiemare da parte del fornitore o per suo conto.

La disciplina appena esposta, basata sull’applicazione dell’Iva nello Stato membro di destinazione, non opera fintantoché le “vendite a distanza effettuate nello Stato membro di destinazione non abbiano superato (nell’anno solare precedente) o non superino (nell’anno solare in corso) l’importo complessivo di euro 100.000, ovvero il minor ammontare stabilito al riguardo da tale Stato (art. 34 della Direttiva 2006/112/Ce).

La “soglia di protezione”, al superamento della quale scatta la regola di “tassazione a destino”, varia da Stato a Stato, essendo facoltà dei singoli Paesi membri determinarla autonomamente all’interno dell’intervallo che va da un minimo di euro 35.000 fino al massimo di euro 100.000.

Pertanto, l’impresa venditrice che non superi il limite fissato dal singolo Stato Ue di destinazione deve assoggettare ad Iva in Italia, all’aliquota Iva vigente, tutte le cessioni effettuate verso quello Stato Ue.

La “soglia di protezione”, com’è evidente, persegue la finalità di alleggerire le imprese minori dagli oneri, formali e sostanziali, conseguenti all’imponibilità delle “vendita a distanza” nel Paese UE di destinazione. Peraltro, il fornitore ha sempre la facoltà di optare, distintamente per ciascuno Stato Membro, per la tassazione delle le vendite a distanza nel paese di destinazione, anche al di sotto della soglia stabilita dello specifico Stato.

Nella seguente tabella sono elencate le “soglie di protezione” in vigore nei singoli Paesi membri dell’Ue per gli acquisti effettuati dai soggetti residenti nei rispettivi territori.

LE SOGLIE DI PROTEZIONE NEI PAESI UE

Stato UE Soglia
Austria 35.000,00 €
Belgio 35.000,00 €
Olanda 100.000,00 €
Danimarca 280.000,00 DKK
Germania 100.000,00 €
Grecia 35.000,00 €
Spagna 35.000,00 €
Francia 35.000,00 €
Irlanda 35.000,00 €
Italia 35.000,00 €
Lussemburgo 100.000,00 €
Portogallo 35.000,00 €
Gran Bretagna 70.000,00 GBP
Romania 118.000 RON
Svezia 320.000,00 SEK
Finlandia 35.000,00 €
Cipro 35.000,00 €
Estonia 35.000,00 €
Lettonia 35.000,00 €
Lituania 125.000,00 LTL
Malta 35.000,00 €
Polonia 160.000,00 PLN
Repubblica Ceca 1.140.000,00 CZK
Slovacchia 35.000,00 €
Slovenia 35.000,00 €
Ungheria 35.000,00 €
Bulgaria 70.000,00 BGN
Croazia 270.000 HRK

Il superamento della soglia in corso d’anno comporta la necessità di passare al regime – più oneroso – della “tassazione a destino”, a partire dalla cessione che ha determinato lo “sforamento” e ha effetto per tutte le cessioni effettuate, nello stesso Stato membro, nell’anno in corso e in quello successivo.

In caso di sforamento, in corso d’anno, della “soglia di protezione” non si produce alcun effetto sulle operazioni effettuate in precedenza, nel corso dello stesso anno, e già tassate nel Paese membro del cedente (art. 14 del reg. Ue 282/2011).

Ciò a condizione che il cedente non abbia (i) optato volontariamente per l’applicazione dell’Iva nel Paese membro di destinazione e (ii) superato la “soglia di protezione” nel corso dell’anno precedente.

Importazione di beni di scarso valore acquistati da internet: franchigie Iva e doganali

Le importazioni di beni ordinati dal web e spediti tramite posta costituiscono operazioni soggette ad Iva e scontano l’imposta (e I dazi) nel paese Ue in cui I beni importati si trovano al momento in cui fanno ingresso nell’Unione Europea (cfr. art. 60 della Direttiva 2006/112/Ce). Ai fini della pratica doganale, il destinatario del pacco è considerato il dichiarante nonché il debitore degli oneri doganali dovuti sull’importazione.

Godono di franchigia da dazio le spedizioni costituite da merci di “valore intrinseco trascurabile” (non superiore ad euro 150 per spedizione con esclusione del costo di trasporto e di assicurazione), purché spedite direttamente da un Paese extra-Ue ad una persona che si trovi nell’Unione Europea (art. 23, par. 1 e 2 del Regolamento Ce 1186/2009).

I prodotti alcolici, i profumi e l’acqua da toletta, i tabacchi e i prodotti del tabacco, anche se di “valore intrinseco  trascurabile” sono soggetti a dazio (art. 24 del Regolamento Ce 1186/2009 e art. 6 del Dm 489/1997).

La franchigia ai fini dell’Iva, invece, è fissata ad euro 22 (articolo 5 del Dm 489/1997).

Pertanto, in caso di superamento delle predette soglie, in linea generale, al momento dell’introduzione in Italia di merce con origine da un Paese extra Ue, il soggetto importatore dovrà provvedere al pagamento:

  1. dei dazi – ove previsti – che sono calcolati sul “valore della transazione” (valore comprensivo delle spese di trasporto e assicurazione) e le cui aliquote variano a seconda della merce che si intende importare;
  2. dell’Iva, applicata secondo le vigenti aliquote e calcolata sul “valore della transazione” aumentato dell’eventuale aliquota daziaria.

 

La tabella che segue reassume le situazioni di assoggettamento a dazi ed iva:

 

Valore intrinseco beni Dazi doganali Iva
Fino a € 22 NO NO
Da € 22,01 a € 150,00 NO SI
Da € 150,01 SI SI

 

 

Norme che entreranno in vigore dal 1° luglio 2021

 

La normativa comunitaria sul commercio elettronico “indiretto” è stata recentemente riformata (Direttiva UE 2455/2017) e sono state introdotte rilevanti novità Iva al fine di facilitare le vendite a distanza di beni nel territorio dell’Unione europea.

Con riferimento ai rapporti B2C all’interno dei paesi UE:

  • non si applicherà più la disciplina delle “vendite a distanza” ma si introdurrà il criterio generale secondo cui le operazioni di commercio elettronico indirette saranno territorialmente rilevanti nel Paese UE di destinazione dei beni;
  • saranno eliminate le attuali “soglie di protezione” e verrà introdotta un’unica soglia di Euro 10.000, comune a tutti gli stati membri, al di sotto della quale le operazioni saranno rilevanti ai fini Iva nel Paese del cedente;
  • se la predetta soglia comune sarà superata nel corso dell’anno, si applicherà, a partire da quel momento, il principio generale (ovvero tali operazioni si considereranno territorialmente rilevanti ai fini Iva nel Paese UE di destinazione dei beni) di cui all’articolo 33, lett. a), Direttiva 2006/112/CE;
  • i cedenti, al superamento del limite monetario, potranno optare per la procedura semplificata MOSS quale alternativa all’identificazione, ai fini dell’imposta, nei singoli Paesi in cui sono eseguite le vendite e adottando le regole di fatturazione del proprio Stato membro.

Al riguardo si rammenta che il Portale Telematico denominato “Mini one Stop Shop” o “Mini Sportello Unico (“MOSS”)., attraverso il quale possono assolvere gli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto i soggetti passivi (residenti o domiciliati anche fuori dall’Unione europea) che effettuano i servizi elettronici (già soggetti al regime speciale V@ES) o i servizi di telecomunicazione e teleradiodiffusione (TTE) a favore di consumatori finali europei (B2C)I è stato istituito in applicazione della Direttiva 2006/112/CE come modificata dalla Direttiva 2008/8/CE.

Ne discende che, a decorrere dal 1° luglio 2021, il regime Iva del commercio elettronico indiretto verrà assimilato a quello del commercio elettronico diretto, in termini di limite per individuare la territorialità dell’imposta e adempimenti nell’ipotesi di superamento di tale limite.

Come detto, tali novità entreranno tuttavia in vigore dal 1° luglio 2021 e pertanto fino ad allora troveranno applicazione le attuali norme vigenti (oramai “transitorie”).

 

 

Cessione di prodotti su piattaforme online, marketplace e portali

Norme in vigore fino al 31 dicembre 2020

Secondo quanto stabilito dall’articolo 13, comma 1, D.L. 34/2019, c.d. “decreto Crescita 2019”, convertito con la L. 58/2019, tutti i soggetti passivi, residenti e non residenti nel territorio dello Stato che, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica, ovvero un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o altri mezzi analoghi, “facilitano” la vendita a distanza di beni importati o già presenti all’interno dell’Ue, sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle Entrate, entro il mese successivo a ciascun trimestre, i dati dei fornitori che concludono compravendite avvalendosi di tali portali.

Le informazioni da trasmettere sono:

  1. la denominazione o i dati anagrafici completi, la residenza o il domicilio, il codice identificativo fiscale ove esistente, l’indirizzo di posta elettronica;
  2. il numero totale delle unità vendute in Italia;
  3. a scelta del soggetto passivo, per le unità vendute in Italia l’ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita.

Sotto il profilo procedurale e oggettivo, l’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento prot. n. 660061/2019 ha stabilito le regole operative utili all’individuazione delle informazioni da comunicare, nonché la modalità di effettuazione di tali comunicazioni.

In ordine ai presupposti soggettivi e oggettivi, di cui al comma 1 dell’articolo 13 D.L. 34/2019, il richiamato provvedimento, stabilisce che:

  1. per “interfaccia elettronica”, utilizzata per facilitare le vendite a distanza, s’intendono mercati virtuali (marketplace), piattaforme digitaliportali o mezzi analoghi, residenti o non residenti nel territorio dello Stato;
  2. non si considera che l’operatore faciliti la vendita quando lo stesso effettui unicamente il trattamento dei pagamenti in relazione alla cessione di beni, la catalogazione o la pubblicità di beni, il reindirizzamento o il trasferimento di acquirenti verso altre interfacce elettroniche in cui sono posti in vendita beni, senza ulteriori interventi nella cessione.

L’eventuale omessa trasmissione dei dati richiesti per le vendite a distanza (o la trasmissione dei dati in maniera incompleta) determinano che i soggetti passivi siano considerati debitori d’imposta per le vendite a distanza per le quali non hanno trasmesso (o hanno trasmesso in modo incompleto) i dati. La piattaforma, quindi, diventa automaticamente responsabile dell’Iva dovuta sulle vendite a distanza non correttamente comunicate all’Amministrazione finanziaria.

Alla piattaforma è data la possibilità di sottrarsi dall’obbligo di versamento dell’Iva in questione, dimostrando che l’imposta è stata assolta dal fornitore oppure dimostrando di avere adottato tutte le misure necessarie per la corretta rilevazione e individuazione dei dati presenti sulla piattaforma digitale.

Il primo appuntamento con la comunicazione in oggetto – comprensivo anche dei dati sulle operazioni disciplinate dall’articolo 11 bis del decreto Semplificazioni e dunque le cessioni di telefoni cellulari, console da gioco, tablet pc e laptop – è stato previsto per il 31 ottobre 2019.

Con la recentissima circolare 13 del 1° giugno 2020, l’Amministrazione finanziaria ha fornito utili chiarimenti in ordine all’obbligo di comunicazione periodica, con particolare riferimento al relativo ambito soggettivo e oggettivo di applicazione.

Con l’occasione l’Agenzia delle Entrate ha anche “sanato” eventuali invii integrativi nel frattempo intervenuti, dichiarando che “nel caso in cui, in ragione di problemi tecnici ed operativi inerenti alla trasmissione o alla leggibilità dei dati, sia stato necessario sostituire o integrare le comunicazioni originarie al fine di includere correttamente i dati suddetti, si ritiene non applicabile, fino alla data di emanazione della presente circolare, la disposizione di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto Crescita, potendosi ritenere sussistenti le obiettive condizioni di incertezza in merito all’applicazione della normativa in commento, ai sensi dell’art. 10, comma 3, legge 212 del 2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente)”.

La circolare 13 sarà di supporto degli operatori fino al 31 dicembre 2020, quando dovrebbe venir meno la comunicazione in commento, per lasciar spazio, come detto, alle nuove regole basate sulla “presunzione” di doppia cessione di all’art. 14 bis, par. 1, della Direttiva Iva 2006/112/Ce.

norme in vigore dal 1° luglio 2021: Articolo 14 bis della Direttiva Iva 2006/112/Ce

La norma in vigore dal 1° luglio 2021 (prorogata dal 1° gennaio 2021) stabilisce che «Se un soggetto passivo facilita, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica quale un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi con spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 EUR, si considera che lo stesso soggetto passivo in questione abbia ricevuto e ceduto detti beni».

Viene così introdotta la “finzione giuridica” di doppia cessione, con la quale un’operazione solitamente considerata come un’unica vendita, dal cedente al cessionario finale, viene scomposta in due distinte vendite ai fini Iva:

  • la prima (B2B) effettuata dal fornitore dei beni nei confronti del soggetto che gestisce la piattaforma elettronica;
  • la seconda (B2C) effettuata dal gestore della piattaforma nei confronti del consumatore finale, destinatario dei beni.

Nell’ambito di tale “doppia cessione”, per individuare il luogo di effettuazione dell’operazione ai fini dell’imposta, la Direttiva 2019/1995/UE stabilisce che la partenza della spedizione o il trasporto dei beni sono imputati alla cessione effettuata dal soggetto che gestisce la piattaforma.

Inoltre, è stabilito che sia la cessione nei confronti del gestore della piattaforma, sia quella effettuata da quest’ultima verso il privato, si considerano perfezionate ai fini Iva nel momento in cui il pagamento è stato accettato, con la conseguenza che solo a partire da tale momento l’imposta diventa esigibile.

Questa disciplina è estesa anche alle cessioni di beni effettuate nel territorio dell’UE ad opera di imprese extra-UE e rivolte a privati consumatori, in forza del disposto del paragrafo 2 dell’art. 14-bis sopracitato. In proposito, la Direttiva 2019/1995/Ue ha previsto una misura volta a contrastare l’evasione dell’Iva dovuta sulle cessioni, effettuate nel territorio comunitario, dal fornitore extra-Ue verso la piattaforma elettronica. Così, per evitare il rischio che il fornitore extra-Ue non versi l’Iva addebitata alla piattaforma, viene introdotto l’art. 136 bis della Direttiva Iva 2006/112/Ce, il quale “esenta” dall’Iva detta cessione, ferma restando la detrazione dell’imposta assolta “a monte” dal fornitore extra-Ue per l’acquisto o l’importazione dei beni ceduti. A tal fine, come puntualizzato nelle considerazioni introduttive della direttiva 2019/1995/Ue, il fornitore non stabilito in UE dovrebbe sempre essere registrato nello Stato membro in cui ha acquistato o importato i beni in questione.

Va segnalato che, già prima dell’entrata in vigore del decreto Crescita 2019, l’art. 11 bis, commi da 11 a 15 del c.d. decreto Semplificazioni (Dl 135 del 14 dicembre 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dell’11 febbraio 2019) aveva introdotto nell’ordinamento interno una simile “presunzione” giuridica di acquisto e rivendita da parte delle piattaforme che facilitano le vendite di beni a distanza, seppur limitatamente alle vendite aventi ad oggetto determinati articoli elettronici (telefoni cellulari, console da gioco, tablet, PC e laptop). Tuttavia, il decreto Crescita ne ha rinviato l’efficacia al 1° gennaio 2021, quando, con il recepimento della direttiva 2017/2245/Ue, dovrebbe divenire operativo il citato articolo 14 bis, paragrafo 1, della Direttiva Iva 2006/112/Ce, con riguardo alle vendite a distanza su piattaforme elettroniche di qualsiasi categoria merceologica di beni intermediati.

Sempre sul versante degli adempimenti, viene previsto l’esonero dall’obbligo di emissione della fattura per le vendite a distanza.

Infine, una rilevante modifica di prossima adozione investe la definizione di “vendita a distanza”. Nella nozione normativa attualmente in vigore, il trasporto o la spedizione dei beni nello Stato membro di destinazione deve essere fatto “in nome o per conto del cedente”. Tale locuzione presta il fianco a facili aggiramenti: quando l’aliquota Iva nello Stato del venditore risulta più bassa di quella applicabile “a destino” nel Paese dell’acquirente, il consumatore che volesse eludere il principio della tassazione a destino per assoggettarsi alla tassazione (più bassa) nel Paese del fornitore, potrebbe banalmente affidare in proprio l’incarico al vettore per il trasporto dei beni, evitando che sia il venditore a conferire detto incarico, di modo da sottrarre l’acquisto alla tassazione a destino prevista per le vendite a distanza, rendendosi applicabile il principio generale della tassazione all’origine delle transazioni intraunionali B2C.

Allo scopo di porre fine a questi arbitraggi, con effetto a partire dal 2021, viene integrata la definizione di «vendite a distanza» prevista dalla Direttiva 2455/2017/UE, con l’introduzione del paragrafo 4 nell’art. 14 della Direttiva 2006/112/CE, per ricomprendere tra le “vendite a distanza intracomunitarie di beni” le cessioni in cui, pur essendo il trasporto o spedizione curato da un vettore, il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione beni.

L’intervento indiretto risulterebbe integrato, ad esempio, quando il fornitore promuova attivamente, suggerendo o consigliando al cessionario, un determinato vettore, nonostante il fornitore non sia il soggetto che, dal punto di vista formale, conclude il contratto di trasporto/spedizione con il vettore e ne sostiene i relativi costi.

Chiarimenti

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare riportata nel seguito,  ha ritenuto opportune fornire chiarimenti in merito al raccordo tra le disposizioni del “Decreto Crescita 2019” e quelle del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate prot. N. 660061/2019

CIRCOLARE 1° GIUGNO 2020, N. 13/E

Termini e modalità di trasmissione dei dati relativi alle vendite a distanza di beni che avvengono mediante l’uso di una interfaccia elettronica – articolo 13, comma 1, del Dl 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58

Premessa

Omissis

  1. Le nuove disposizioni

Omissis

2 Definizioni

Omissis

3 Ambito applicativo

Con riguardo all’ambito applicativo soggettivo, il Legislatore fa riferimento all’ampio genus dei soggetti passivi, distinguendo tra soggetti passivi stabiliti e non stabiliti.

I soggetti passivi stabiliti tenuti all’obbligo di comunicazione dei dati di cui all’articolo 13 del decreto Crescita sono da individuarsi nei soggetti passivi Iva, inclusi quelli che, aderendo o applicando regimi speciali, non sono debitori d’imposta.

A titolo di esempio, sono generalmente esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina in commento coloro che accedono al regime forfetario, di cui alla legge del 28 dicembre 2015, n. 208 e successive modificazioni. In particolare, questi ultimi, pur rientrando nella nozione di soggetto passivo Iva, non addebitano l’Iva in rivalsa, né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni (cfr. circolare 10 aprile 2019, n. 9/E). Pertanto, in linea generale i soggetti che rientrano nel regime in commento non sono tenuti all’obbligo di comunicazione dei dati, di cui all’articolo 13 del decreto Crescita, salvo nelle ipotesi in cui effettuino acquisti in reverse charge e risultino per questo debitori di imposta.

Al contrario, rientrano nella nozione di soggetto passivo coloro che accedono a regimi Iva che prevedono speciali meccanismi che incidono sulla determinazione della base imponibile o sull’esercizio della detrazione.

A titolo di esempio, sono ricompresi i soggetti che applicano il regime speciale previsto per l’agricoltura (cfr. articolo 34 del Dpr 633 del 1972), l’editoria (cfr. art. 74, primo comma, lettera c), del citato decreto), il regime del margine (cfr. Dl 23 febbraio 1995, n 41, convertito con legge 85 del 22 marzo 1985 e successive modificazioni).

Invece, la locuzione “soggetti passivi non stabiliti nel territorio dello Stato” ricomprende sia i gestori delle piattaforme che non effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti nel territorio dello Stato, che i gestori (non stabiliti) che realizzano le predette operazioni.

Per questi ultimi (soggetti non stabiliti che svolgono operazioni territorialmente rilevanti), ove privi di stabile organizzazione, al fine di adempiere all’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 13 comma 1, del decreto Crescita è necessaria l’identificazione diretta, ai sensi dell’articolo 35 ter del Dpr 633/1972, ovvero la nomina di un rappresentante fiscale ai sensi dell’articolo 17, terzo comma, del Dpr 633/1972.

Di contro, per i soggetti passivi non stabiliti che non effettuano operazioni territorialmente rilevanti nel territorio dello Stato, è sufficiente la richiesta all’Agenzia delle entrate di un codice fiscale. Va da sé che nella ipotesi in cui il soggetto non residente si trovi nella condizione di dover versare l’imposta per conto del fornitore, sarà obbligato a chiedere l’apertura della partita Iva per poter assolvere il tributo.

Per quanto concerne l’ambito oggettivo, l’obbligo di comunicazione riguarda due tipologie di dati:

  1. I dati che afferiscono alle cession aventi oggetto qualsiai bene oggetto di venditga a distanza, di cui all’articolo 13, comma 1, del devreto Crescita;
  2. I dati relative alle cession di telefoni cellular, consolle di gioco, tablet PC e laptop indicate dall’articolo 11 bis, commi da 11 a 15, del Dl 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12.

Nell’ambito della vendita a distanza di beni all’interno dell’Unione europea rientrano le cessioni di beni per l’Italia o dall’Italia, rispettivamente regolate dagli artt. 40, commi 3 e 4, lett. b), e 41, comma 1, lett. b), Dl 331 del 1993.

Alla luce dell’esigenza di garantire un pronto adempimento degli obblighi di comunicazione delle piattaforme, si ritiene che le stesse possano comunicare i dati delle vendite, prescindendo dal valore della soglia prevista dallo Stato di destinazione del bene. La singola piattaforma, infatti, conosce i dati relativi alle vendite che essa stessa facilita, ma potrebbe non essere a conoscenza del dato complessivo riferibile all’operatore e comprensivo di vendite facilitate da altre piattaforme o effettuate senza l’intervento “facilitatore” di una piattaforma elettronica.

Pertanto, le piattaforme potranno comunicare anche i dati delle vendite relative alle operazioni cosiddette “sovra soglia”.

Il comma 3 dell’articolo 13 del decreto Crescita prevede che il gestore della piattaforma digitale è considerato debitore dell’Iva relativa alle operazioni dallo stesso facilitate per la mancata o incompleta trasmissione dei dati previsti dal comma 1.

Sia la mancata, quanto l’incompleta trasmissione dei dati deve essere verificata con riferimento a ciascun fornitore che si avvale della piattaforma.

A tal riguardo, l’incompleta trasmissione dei dati riguarda la non indicazione di alcuni degli elementi previsti dal comma 1, i quali devono, invece, essere tutti trasmessi affinché la piattaforma non ricada nell’obbligo di versare l’Iva dovuta dai fornitori per le vendite a distanza da questi effettuate.

In questo caso, l’obbligo di versamento dell’Iva da parte della piattaforma sussiste solo ove quest’ultima non dimostri “che l’imposta è stata assolta dal fornitore”.

L’Amministrazione finanziaria potrà comunque effettuare accessi presso il soggetto obbligato al fine di rilevare la correttezza del dato comunicato.

Ai fini probatori, si ritiene che il fornitore possa esibire ogni idonea documentazione che attesti il versamento dell’Iva dovuta (modello F24, documentazione bancaria, dichiarazioni fiscali, etc.).

L’assenza della predetta documentazione determina l’obbligo di versamento dell’Iva da parte della piattaforma relativamente alle vendite a distanza facilitate.

I dati soggetti all’obbligo di trasmissione di cui ai punti 1) e 2) sono solo quelli effettivamente presenti sulla piattaforma e comunicati digitalmente dal fornitore in relazione alle vendite a distanza facilitate dalla piattaforma. La circostanza si desume dal comma 3 dell’articolo 13 del decreto Crescita, in cui è stabilito che il soggetto passivo di cui al comma 1 è considerato debitore d’imposta per le vendite a distanza per le quali non ha trasmesso, o ha trasmesso in modo incompleto, i dati di cui al comma 1, “presenti sulla piattaforma”.

Ciò implica l’esistenza di un adeguato sistema interno di due diligence finalizzato al controllo della qualità dei dati e alla prevenzione del rischio. Infatti, il Provvedimento stabilisce che «Nel caso di mancata trasmissione dei dati i soggetti passivi non sono considerati debitori d’imposta se dimostrano che l’imposta è stata assolta dal fornitore. Nel caso, invece, di trasmissione di dati incompleti, i predetti soggetti non sono considerati debitori d’imposta se dimostrano di avere adottato tutte le misure necessarie per la corretta rilevazione e individuazione dei dati presenti sulla piattaforma digitale» (cfr. punto 3.5 del Provvedimento).

4 Trasmissione dei dati

Il Provvedimento (punto 3.4 ) stabilisce che i soggetti passivi trasmettano all’Agenzia delle entrate, entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre, a partire dal trimestre di entrata in vigore dell’art. 13 del decreto Crescita, i seguenti dati relativi a ciascun fornitore che ha effettuato almeno una vendita nel trimestre di riferimento:

  1. La denominazione o I dati anagrafici complete, inclusa la residenza o il domicilio, nonchè l’identificativo univoco utilizato per effettuare le vendite facilitate dall’interfaccia elettronica, il codice identificativo fiscal ove esistente, l’indirizzo di posta elettronica;
  2. Il numero totale delle unità vendute in Italia;
  3. a scelta del soggetto passive, per le unità vendute in Italia l’ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo m edio di vendita, espresso in Euro.

Posto che, come precisato in precedenza, i dati da trasmettere sono solo quelli esistenti sulle piattaforme e che ciò implica l’esistenza di un adeguato sistema interno di due diligence finalizzato al controllo della qualità dei dati e alla prevenzione del rischio, ove la piattaforma accerti che i dati comunicati non siano corretti ovvero risultino incompleti, la stessa piattaforma, al fine di non essere considerata debitrice dell’Iva, dovrà apportare le opportune modificazioni alle comunicazioni di dati non corretti o incompleti.

Al riguardo il citato Provvedimento prevede che «In caso di omissioni o errori nella trasmissione dei dati, i soggetti passivi possono trasmettere una nuova comunicazione che sostituisce integralmente quella precedentemente inviata. La nuova comunicazione è effettuata entro la fine del mese successivo a quello in cui è stata inviata la prima comunicazione e deve contenere l’indicazione del trimestre di riferimento» (cfr. punto 3.7).

In quest’ultimo caso, la piattaforma potrà inviare comunicazioni sostitutive della precedente.

Qualora la piattaforma non abbia comunicato, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del decreto Crescita, i dati di cui è in possesso entro il termine previsto dal punto 3.4 del Provvedimento (entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre), non potrà inviare una comunicazione sostitutiva entro il termine stabilito dal punto 3.7 del citato Provvedimento. In tal caso, la comunicazione sostitutiva non produce effetti ai fini dell’adempimento dell’obbligo di comunicazione e la piattaforma è considerata debitrice d’imposta, ai sensi dell’articolo 13, comma 3, del decreto Crescita.

I prezzi di vendita devono essere espressi in Euro e le interfacce elettroniche sono legittimate a operare la conversione in Euro delle valute estere secondo i loro sistemi interni; sarà pertanto ugualmente accettata la conversione secondo il tasso di cambio della data dell’operazione o quello di fine mese, purché effettuata da ciascuna piattaforma secondo un criterio costante, esplicitato nella documentazione dalla stessa predisposta.

Al fine di tutelare le esigenze di semplicità negli adempimenti da parte degli operatori, il dato da comunicare per ciascuna vendita può essere rappresentato dal prezzo della transazione così come visualizzato dell’utente al momento dell’acquisto tramite la piattaforma che facilita la transazione, comprensivo di eventuali servizi accessori (quali ad esempio, la spedizione o il trasporto), anche se questi ultimi sono effettuati da terze parti; in altri termini, va comunicato il totale della transazione conclusa tramite la piattaforma, al lordo dell’Iva.

Le vendite c.d. “complesse”, quali le vendite di pacchetti di più beni a fronte di un prezzo unitario, sono considerate transazioni uniche.

Al contrario, sono considerate vendite separate quelle aventi ad oggetto accessori (cuffie, custodia etc.) afferenti ad altri beni, quali ad esempio tablet e cellulari.

Nel caso di resi di cui la piattaforma sia a conoscenza, gli stessi dovranno essere oggetto di comunicazione sostitutiva. I termini per la presentazione di quest’ultima decorrono dal momento in cui la piattaforma è a conoscenza del reso.

In caso di mancato invio della comunicazione sostitutiva, la piattaforma è considerata debitrice dell’Iva dovuta sulle cessioni dei beni dalla stessa facilitate ai sensi dell’articolo 13, comma 3, del decreto Crescita, salvo che venga provato l’assolvimento dell’imposta da parte del fornitore.

Viceversa, la piattaforma non sarà considerata debitrice Iva qualora i dati comunicati risultino corretti, non essendo la stessa a conoscenza del valore dei resi.

I medesimi principi sono applicabili ai casi in cui, successivamente alla conclusione della transazione online, il pagamento non vada a buon fine (e quindi la vendita non si perfezioni).

Infine, non devono essere comunicati, ai sensi dell’articolo 13 del decreto Crescita, i dati relativi alle cessioni di beni effettuate a titolo gratuito e ai campioni omaggio, in quanto non costituiscono cessioni ai fini Iva (cfr. articolo 2, comma 3, lett. d) del Dpr 633 del 1972).

5 Decorrenza dell’obbligo di comunicazione

La trasmissione dei dati è effettuata entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre, a partire da quello di entrata in vigore dell’articolo 13 in commento. In sede di prima applicazione della normativa, è stato previsto che la prima trasmissione dei dati, così come la trasmissione dei dati relativi alle operazioni disciplinate dall’articolo 11 bis del decreto Semplificazioni, avvenisse entro il 31 ottobre 2019 (punto 3.4 del Provvedimento).

Tuttavia, nel caso in cui, in ragione di problemi tecnici ed operativi inerenti alla trasmissione o alla leggibilità dei dati, sia stato necessario sostituire o integrare le comunicazioni originarie al fine di includere correttamente i dati suddetti, si ritiene non applicabile, fino alla data di emanazione della presente circolare, la disposizione di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto Crescita, potendosi ritenere sussistenti le obiettive condizioni di incertezza in merito all’applicazione della normativa in commento, ai sensi dell’art. 10, comma 3, legge 212 del 2000 (cd. Statuto dei diritti del contribuente).